Era una notte tranquilla, Ràna splendeva luminosa in un cielo stellato che neppure una nuvola copriva.
Uno scoiattolo curioso aveva momentaneamente lasciato la propria tana sulla grande quercia che sorgeva nel giardino, per avvicinarsi cautamente all'enorme spadone che da qualche tempo ivi si trovava, a perenne memento di passate imprese. Passo dopo passo era giunto fino al gradino alla base, quand'ecco che improvvisamente si immobilizzò per un attimo, per poi fuggire verso la sicurezza della quercia, spaventato dal lieve rumore proveniente dall'ingresso.
Una strana combriccola si avvicino alla porta ed entrò nel salone di Ranamar, da cui proveniva il suono di molte voci.
Per primo procedeva uno smilzo ometto avvolto da un mantello scuro, il cui lungo naso sporgeva dal cappuccio: Keldhar il furetto, o "Gran Re Ratto", come amava farsi chiamare, non era una faccia sconosciuta a Ranamar e, salutato i presenti con un cenno, si diresse nel suo solito angolo poco illuminato. Li si appoggiò in piedi alla parete, le braccia conserte, in modo da osservare l'intera sala, una strana luce nello sguardo. Chi lo conosceva meglio aveva notato uno strano ghigno sul suo volto, si sarebbe detto quasi un mezzo sorriso, molto diverso da quello sarcastico –qualcuno lo avrebbe definito acido- che di solito sfoggiava. Ma alle scarse domande in proposito l'ometto rispose soltanto:
- Aspettate, sapete bene che ama fare entrate ad effetto-
Dietro di lui entrò un nano dalla fluente barba rossiccia, legata come i capelli in lunghe trecce. Indossava un'elaborata tunica rossa e dorata ed uno strano cappello con una piuma azzurra, ed alle sue spalle spuntava un arco di legno nero e una faretra. Alla cintura portava anche una piccola balestra e due asce da lancio.
Il nano si guardò attorno, scorse Bemli e Maddgloin seduti ad un tavolo e si diresse nella loro direzione, inchinandosi in segno di saluto e facendo una serie di gesti con le mani nell'incomprensibile linguaggio da loro usato, cui i due risposero brevemente. Poi si diresse al bancone, pagando un boccale di birra e si portò verso l'angolo occupato da Keldhar, sedendosi su uno sgabello libero.
Ma gli sguardi dei Rànadurin si soffermarono poco sul nano, attratti dallo strano spettacolo alla porta: un anziano uomo dalla barba bianca ben curata si appoggiava ad un lungo bastone nodoso. Indossava un lungo pastrano azzurro di indecifrabile fattura ed attorno a lui si accalcavano numerosi animali: un piccolo cane ed un gatto entrarono subito, malgrado i suoi tentativi di bloccarli, mentre uno scoiattolo ed un corvo dalle ali rosse erano appollaiati sulle sue spalle. Il vecchio si voltò, parlando con qualcuno fuori della porta:
- Restate qui voialtri: non andate in giro e soprattutto non fate danni. -
Poi si diresse anche lui al tavolo del nano, sedendosi e stendendo le gambe sotto di esso. Da una tasca tirò fuori una rana che posò sul tavolo, sotto lo sguardo schifato del nano.
- Bene, ci siamo dunque - disse.
- Aspetta, vedrai che ora arriva -, gli rispose Keldhar.
La porta si riaprì ed fece il suo famoso “ingresso ad effetto” Gormadock, vestito con un abito verde ricamato ed un panciotto. Sulle spalle portava un manto dorato adornato da un pollo e delle uova. I gusti hobbit, si sa, sono difficili da comprendere per le altre razze.
L'hobbit panciuto si diresse anche lui all'angolo di Keldhar con una faccia disgustata, dicendo al vecchio:
- Passino orsi e linci, ma pure il serpente dovevi portare? -
Poi depose nell’angolo le sue borse e i numerosi strumenti musicali che sempre lo accompagnavano, con un breve trambusto causato dal rovesciarsi di uno zaino da cui uscirono numerose carabattole che si affrettò a raccogliere: uno stemma della Tavern Inn League, una sfera con dentro una casetta e la neve e la scritta "Saluti da Lungacque", una medaglia con su "Festival di primavera - mangiatori di Torte - Primo classificato", un panino con la porchetta mezzo sbocconcellato, due mele ed alcune biglie azzurre.
Risistemati i suoi averi nello lo zaino, Gormadock si portò sul palco, accanto alla polla nella quale era andata a finire la rana, e si rivolse ai presenti:
- Amici, leviamo i calici in un brindisi!
Amici, è l’ora di festeggiare gli assenti!
Amici, la Luna che brilla luminosa stasera non poteva essere auspicio migliore per le notizie che ho appena ricevuto. -
L'hobbit estrasse un involucro di cuoio dalla tasca.
- Ce le manda il nostro amico Palamorn, chiedendomi di condividerle con voi.
Il biglietto è scritto velocemente, come è ovvio aveva molta fretta, ma il contenuto è veramente speciale. -
Aperto il biglietto stropicciato Gormadock continuò:
- Dice, in un modo persino prolisso per uno laconico come il gondoriano:
"Popolo della Luna Oscura,
hobbit, elfi, nani ed umani, amici tutti!
Il momento è finalmente giunto
e una nuova stella brilla nel cielo di Minas Tirith:
Palamorn ha un erede
e oggi, dopo tanto tempo, tutto appare più radioso,
persino il cielo verso est, sopra Mordor.
Oggi una nuova speranza rifulge"-
Gormadock alza la testa dal foglio, gli occhi leggermente lucidi:
- Palamorn – aggiunge dopo essersi soffiato il naso su un grosso fazzoletto a pois rossi - ha aggiunto anche il testo di una vecchia canzone gondoriana per l’occasione, che credo aggiungerò alla mia collezione di testi, che recita:
“Una parola al tuo orecchio
da padre a figlio,
ascolta ciò che ti dico:
ho combattuto per te,
ho combattuto dalla tua parte
molto prima che tu nascessi.
Gioioso il suono,
la parola va
Da padre a figlio…
…Canta se vuoi
(e ricorda) l'aria che respiri
vivo per dartela
Da padre a figlio, da padre a figlio
Da padre a figlio, da padre a figlio
Gioioso il suono
La parola va
Da padre a figlio, a figlio
I re saranno incoronati
La terra continuerà il suo moto
Da padre a figlio, a figlio…”
[Queen, “Father to Son”+
E guardate, ha accluso anche un ritratto, davanti al quale vi invito a brindare:
Salute a te, figlio di Palamorn!
Salute a te, Matteo!
Salute a te, speranza di Gondor!-
E qualcuno chiuda quella finestra – concluse l’hobbit stropicciandosi gli occhi con un grosso fazzoletto giallo- fa entrare il vento e mi è entrato un bruscolino nell’occhio…